Carburanti sottocosto: controlli a monte


Il fenomeno esiste. Ma è inutile la caccia alle streghe

cisternaQuando un sistema economico subisce nel corso di pochi anni le profonde trasformazioni vissute nella distribuzione dei carburanti, non c’è da stupirsi che ci siano anche fenomeni negativi.

Ecco due esempi.

Dicembre 2013, Napoli: tutti gli amministratori di una società di trading di carburanti sono stati sottoposti a misure di custodia cautelare in carcere per avere dato luogo a vendite di prodotti petroliferi senza il pagamento delle dovute imposte. Per più di 400 volte gli indagati avrebbero finto di imbarcare gasolio su navi battenti bandiera di Paesi extracomunitari in esenzione di IVA e accise. Navi non presenti in porto o che non avevano fatto alcuna richiesta di rifornimento. 10 milioni di euro di evasione accertata (Ag. Dogane Comunicato Stampa 2.12.2013 Prot. 140520).

Maggio 2014, Bolzano: azienda austriaca di trasporto che operava in prevalenza nel territorio italiano senza avere una partita IVA italiana e senza avere mai presentato una dichiarazione dei redditi, ha comperato oltre 260 autobotti di carburante da fornitori italiani dichiarando falsamente che era prodotto destinato all’esportazione e pertanto in esenzione d’imposta ( Ag. Dogane Comunicato stampa 11.5.2004 Prot.1275).

E’ indubbio, questi fatti lo dimostrano, che quantitativi di carburante acquistati in maniera fraudolenta senza avere pagato l’IVA, pari al 22% del fatturato, potrebbero essere rivenduti a prezzi assai più bassi del miglior concorrente onesto, forse in maniera apparentemente regolare e anche ad operatori in buona fede.

Ma se la società che effettua questo genere di attività illecite per il periodo breve di esistenza in vita ufficiale non adempie poi agli obblighi fiscali, omettendo dichiarazioni e versamento di imposte, ecco fatto che lo Stato è stato derubato di preziose risorse.

E anche il mercato degli onesti ha subìto violenza.

Per cortesia, però, usciamo dal Medioevo: evitiamo di puntare il dito su categorie “nuove” come gli imprenditori no-logo oppure su entità internazionali (i mercati globali e le loro Agenzie specializzate?) per ottenere un facile consenso da altre categorie imprenditoriali che, loro malgrado, sono state semplicemente messe all’angolo da un mercato che si è evoluto più velocemente delle loro norme di comportamento e tipologie contrattuali.

Non c’è certo bisogno di una caccia alle streghe in questo disastrato contesto economico nazionale.

Piuttosto, chi acquista carburanti sul territorio italiano beneficiando di esenzioni di imposte dovrebbe essere sottoposto a un controllo accurato da parte di chi vende loro la merce, che siano Società Petrolifere oppure operatori all’ingrosso.

Un controllo preventivo è possibile. E auspicabile.

Del resto, se un proprietario di appartamento non può appaltare una piccola opera a un semplice muratore che non dimostri con un certificato la regolarità del versamento dei contributi (DURC), è normale che si possa rifornire una sedicente società di trading di centinaia di migliaia di euro di carburante senza avere verificato che sia una società che adempie agli obblighi fiscali dello Stato Italiano?

Nel corso degli ultimi anni, in tutte le società che vendono carburanti si è affinato un rigoroso sistema di verifiche (interno o delegato a terzi) per controllare la solidità patrimoniale e l’affidabilità delle Società clienti, a tutela dell’esposizione generata da vendite con dilazione.

Forse oggi è altrettanto urgente che la stessa severità e rigore preventivo si mettano in pratica per non vendere carburanti a Società forse in possesso di liquidità, ma le cui azioni illecite alla fine sono solo a spese della collettività.

Mi sembra uno dei pochi casi in cui regole severe, anche da parte del Legislatore, possono fare bene alla trasparenza del mercato non alterando la sana concorrenza.

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