Il commento. Autostrade no logo: perché no?
Il “caro-prezzi” non è colpa del gestore. Serve “tagliare” le concessioni?
Il “caro-prezzi” non è colpa del gestore. Serve “tagliare” le concessioni?
Fare benzina, una scelta in genere complessa qualora si cerchi di minimizzare l’impatto economico di un “pieno”, diventa in autostrada una sfida che mette alla prova anche il consumatore più esperto.
I prezzi sono, per motivi ormai noti, più elevati rispetto a quanto accade fuori casello. Ma, nel caso di un pieno servito, i valori sono talvolta tali da lasciare un ricordo davvero amaro all’automobilista che abbia scelto di riempire il serbatoio stando comodamente seduto.
Nelle Aree di Servizio la comunicazione, digitale e non, punta sulla promozione dei prezzi self. La realtà, l’offerta di isole di rifornimento e la loro ubicazione, spingono al contrario l’automobilista verso il prodotto servito, assai più caro.
Errore gravissimo tuttavia puntare il dito sul gestore. Niente di più superficiale: il gestore autostradale, aperto H.24, è costretto a sopportare costi (personale, energia, oneri fiscali) assolutamente sproporzionati rispetto ai ricavi.
E’ quindi spinto dalla necessità. Talvolta costretto ad agire su leve che poco hanno di commerciale, prezzi alla pompa differenziati in maniera eccessiva fra servito e self, offerta di prodotti speciali con delta tale da non poter essere giustificato da alcun miracoloso additivo; sono tutti comportamenti che spesso lasciano un amaro ricordo al cliente.
Un circolo vizioso che sta facendo perdere volumi in maniera preoccupante alla rete autostradale, a tal punto da suggerire, come probabile via di salvezza, la riduzione del numero di Aree di Servizio da dare in concessione.
In sostanza, scusate l’esempio, se siamo in dieci naufraghi in scialuppa e ci manca il cibo, buttiamo a mare tre o quattro di noi per sopravvivere.
Oltre agli interrogativi di natura imprenditoriale sui criteri di scelta delle imprese che subirebbero questi tagli, ci sono alcuni capisaldi del mercato (ma anche del buon senso a fronte di un servizio pubblico) che, nostro parere, vengono meno nel voler perseguire questa strada.
In realtà, ogni volta che ci viene addebitato un pedaggio autostradale, in cambio dovremmo avere una serie di servizi; non solo strade sicure e scorrevoli, ma anche le infrastrutture necessarie e accessibili per favorire il nostro viaggio.
Fare benzina agevolmente è uno di quegli elementi essenziali per i quali paghiamo, e non poco, al casello.
La riduzione di aree, dunque, non può certo far bene alla concorrenza di prezzo: se una stazione di rifornimento rimane “sola” lungo una tratta, per quale motivo dovrebbe praticare prezzi bassi ai malcapitati che, quasi a secco, si avvicinano alle isole di rifornimento?
Tuttavia, un’alternativa all’attivazione di un meccanismo amministrativo e normativo per chiudere le aree di servizio autostradali, ci potrebbe essere. Agevolare il processo di crescita di operatori locali indipendenti (in alcuni casi le stesse imprese che oggi gestiscono le Stazioni in Autostrada?), in grado non solo di raggiungere sinergie ed economie gestionali ma anche di esercitare liberamente tutte le attività commerciali del perimetro chiuso della Stazione (oil e non oil).
Tutto ciò a patto di potersi integrare a monte nell’acquisto dei carburanti, lavorando quindi con marchio proprio e acquistando il prodotto direttamente sul mercato.
Insomma, anziché chiudere imprese e strutture, perché non agire per rimuovere vincoli offrendo nuovi stimoli e opportunità proprio a chi oggi lavora, con tante difficoltà, in Autostrada e lo sa fare bene?